Il sublime romantico. Storia di un concetto sommerso, Aesthetica Preprint

Che ci sia una connessione tra il Romanticismo e il sublime sembra ovvio, ed è infatti evidente nella produzione poetica, artistica e musicale del Romanticismo europeo nel suo insieme. Il sublime, come tensione verso l'infinito, come elevazione dell'anima, e come esperienza dell'assoluto nella natura, costituisce senza dubbio uno dei tratti caratterizzanti della poetica del Romanticismo. Molto meno nota, invece, è la riflessione teorica sul concetto di sublime, e infatti gli studi sul sublime moderno tendono a trascurarne lo sviluppo teorico dopo Kant e Schiller, spostandosi direttamente a Nietzsche e al postmoderno. La definizione teorica del sublime, al contrario, gioca un ruolo tutt'altro che secondario nell'estetica dell'idealismo tedesco, dove non è stata concettualizzata in opposizione al bello, ma piuttosto come uno dei suoi momenti costitutivi. Pur non più accostato in relazione all'esperienza estetica della natura, il sublime è stato inserito nella teoria dell'arte, perdendo apparentemente la sua centralità teorica, ma in realtà contribuendo a modificare radicalmente i caratteri dell'idea di bello. Quella dei filosofi è una forma di cripto-sublime parallela ma distinta dal sublime di poeti e artisti, e che opera sottoterra per influenzare la definizione delle forme della bellezza. Il presente volume si propone di delineare lo sviluppo della concezione filosofica del sublime da Schiller, che formulò una teoria della tragedia basata sulla filosofia di Kant e pose così le basi del Romanticismo, ai filosofi di scuola hegeliana, che misero il sublime, insieme con il comico, il brutto e il grottesco,